L’autoguarigione

L’autoguarigione: una grande risorsa innata iscritta in ogni essere vivente.

Tutte le persone, bambini adulti e anziani, come tutti gli esseri appartenenti al mondo vegetale ed animale, sono dotati di meccanismi innati di autoguarigione. 

Succede più spesso di quanto si immagini che la sofferenza che noi sperimentiamo, derivi proprio da un’incapacità, o blocco, di utilizzare questi strumenti interni di autoriparazione che, in condizioni ottimali, sono in grado, nel tempo, di riparare non solo le ferite o gli stati di alterazione fisica, ma anche quel disagio e malessere emotivo.

 A volte quest’incapacità del corpo e della mente di auto curarsi e ripristinare un buon stato di salute psicofisica, viene messa in condizioni di non poter funzionare.

Obiettivo della psicoterapia abbinata all’approccio Emdr, quello di ripristinare e riattivare quei processi atti alla salvaguardia della guarigione.

L’informazione legata al trauma

I ricordi legati a esperienze o accadimenti ad alto contenuto emotivo, proprio per la loro natura così traumatica, non sempre riescono ad essere rielaborati o, se pensiamo alla metafora dell’apparato digerente, metabolizzati, divenendo fonte di stress.

Il trauma interrompe la normale elaborazione dell’informazione che non viene archiviata in modo integrato e quindi non riesce a procedere secondo una rielaborazione adattativa. 

A livello neurobiologico, si assiste ad uno sconvolgimento dell’equilibrio biochimico del sistema di elaborazione del cervello, che causa una patologia neuronale dovuta:

– ad una iper-eccitazione in specifiche aree cerebrali

-all’interazione massiva di alcuni neurotrasmettitori 

– un elevato aurosal.

L’esperienza traumatica rimane isolata dalle altre informazioni, non integrabile nella memoria semantica, quindi non comprensibile, senza senso e cristallizzata nel tempo al momento di quando è stata vissuta.

Tutto ciò causa uno shock, con la conseguente attivazione del corpo, che si mobilizza con risposte difensive, la mente si disorganizza con la conseguente

– perdita di concentrazione

– reazioni somatiche allo stress ( freddo, pianto, nausea…)

– si attivano meccanismi mentali difensivi quali, negazione, dissociazione

– assistiamo ad un’alta risposta emotiva (rabbia, tristezza, paura eccitazione diffusa).

L’amore magico

Sono sposata da 10 anni, non ho figli e mi considero ancora una bella donna. Mio marito pochi anni
dopo il matrimonio ha intrecciato una relazione virtuale platonica con una collega. Ho tentato di
tutto perché il nostro matrimonio funzionasse e mi ritrovo che con mio marito non ho rapporti da un
anno. Sono seguita da una terapeuta per delle crisi di panico che mi assalgono da qualche tempo
ma per adesso non ottengo soddisfacenti risultati. Pochi mesi fa ho incontrato un uomo sposato con
il quale finalmente ritrovo la serenità e spensieratezza che da tempo ho perso. Ho paura però delle
reazioni di mio marito, di tutto quello che si può creare e allora penso che sia meglio farla finita e
morire almeno troverò un po’ di serenità che non ho più.
Anonima
L’amore magico con poteri di guarigione, la possibilità di riscattarsi da una vita squallida. Certo
l’amore ha per tutti una promessa di felicità: è questa la sua splendida e intima magia. Ciò che stona
in questa lettera è l’enormità delle aspettative, consce e inconsce, che vengono riposte nel nuovo
amore. Un amore a cui si chiede, ancora prima che nasca, di risarcirci dell’infelicità e dei
fallimenti precedenti. Si chiede a questo amore di ridare quella identità di donna solare e appagata
che insoddisfazione e frustrazioni hanno incrinato e appannato. L’amore in sé non possiede poteri
taumaturgici, indipendenti dall’impegno e responsabilità personali.
Perché parlare in termini così concreti e togliere tutto l’aspetto poetico e romantico dell’amore?
Vivere l’incanto, il brivido di quelle sottili emozioni che ci fanno sentire vivi e danno un senso alla
nostra vita?
Perché vivere così questo potente e fondamentale sentimento, nella complessità delle sue miriadi di
sfaccettature, è fondamentalmente un modo scorretto ed erroneo di percepirlo, causa di equivoci e
fonte di delusione. Il potere trasformativo dell’amore è indissolubile dall’impegno, dalla capacità
di metterci in discussione, di costruire una propria stabilità affettiva. E’ una ricerca lunga e
faticosa, un viaggio interiore, un cammino di individuazione che ognuno di noi fa nella vita per
essere completamente se stesso.
È sorprendente come in molti di noi venga saltato a piè pari il senso dell’impegno personale, della
fatica, del pianto, così presenti anche nelle fiabe e resti solo l’illusione salvifica sull’amore che “per
sè” ci renderà felici e contenti. Molte persone, confondono l’innamoramento dall’amore. Si
fermano sulla soglia di questo complesso insieme di sentimenti, perché probabilmente non riescono
ad andare più in là della gratificazione che ricevono nella percezione di tutta la gamma
caleidoscopica di sentimenti che rende speciale l’innamoramento. Ma ciò che ci fa crescere,
maturare, arricchisce la nostra intima persona e dà un senso alla nostra esistenza, è la capacità di
amare nella sua interezza e complessità, per non rimanere degli eterni ragazzini, alla ricerca di forti
emozioni che però non vengono elaborate e interiorizzate. Recuperiamo l’autostima e la fiducia
attraverso un lavoro personale ben fatto. L’amore può darti energia, motivazione slanci, ma non
può né deve sostituire l’impegno personale.

Il disastro delle torri gemelle visto con gli occhi di un bambiNO

Le stragi americane: un momento di riflessione per noi e i nostri figli
Quando mi è stato proposto di scrivere un articolo riguardante il disastro delle torri gemelle in
chiave di lettura per bambini, mi sono sentita lusingata ma, confesso, che di me si è impadronita anche
una certa ansia, dettata dal timore di cadere lupus in fabula nel “già detto e già sentito”.
Ho pensato ai miei figli e nella loro immagine, ho visto riflesso lo stereotipo del viso di tutti i
bambini, dall’aria angelica, anime candide, semplici, che, con la loro ingenuità e spensieratezza, ci fanno,
a volte, invidiare quel mondo perduto che un tempo è appartenuto anche a noi.
Ma è poi così veramente idilliaco il mondo di un bambino?
E’ realmente privo di violenza, di sofferenze, di soprusi, ingiustizie, paure e timori?
Spesso siamo soliti dipingerlo in ben altro modo, con colori a pastello, non a tinte forti ma
sovente, purtroppo, nel paradisiaco mondo del bambino vige la legge del più forte. Basterebbe ascoltare
i racconti delle maestre e i resoconti che i bimbi riportano ai genitori all’uscita di scuola, per
collezionare scene di cattiveria gratuita, dalla presa in giro spietata sui difetti e i punti deboli agli atti di
pura prepotenza .
Anche nelle favole ci troviamo alle prese con situazioni difficili, con draghi da sconfiggere e
streghe cattive che ci vogliono far mangiare la mela avvelenata, da loschi individui, come il gatto e la
volpe che con l’inganno ti rubano i soldi e ti distolgono dai buoni insegnamenti, a Dumbo elefantino
bistrattato e ridicolizzato per le sue spropositate orecchie.
Eppure le favole ricoprono da sempre un fascino particolare, perché il bambino rivestendo i
panni dell’eroe troverà a poco a poco le sue strategie per i problemi e le difficoltà che la vita gli
comporterà e per trovarle si confronterà con le sue ansie e i suoi dubbi, ma in cuor suo saprà anche
che, come l’eroe, non sarà mai solo di fronte ad un problema e che potrà contare sulle persone a lui più
care,
Ma come spiegare a questi bambini, le atrocità che hanno turbato e segnato in modo profondo i nostri
animi? Sguardi che, sovente, si posano su sequenze di violenza, troppo spesso gratuita.
Occhi avezzi a spettacoli cinematografici che forse hanno solo il merito di rappresentare sempre in
modo più veritiero la realtà che ci circonda.
Siamo rimasti tutti annichiliti, con il fiato sospeso, increduli che quello che la televisione ci trasmetteva
non appartenesse al mondo della celluloide. Abbiamo, nel nostro intimo, partecipato al loro dolore, alla
straziante agonia, ci siamo immedesimati e abbiamo pur vagamente potuto immaginare il terrore e la
disperazione di quegli attimi.
Come possiamo raccontare delle atrocità così terrificanti a dei bambini, quando siamo noi i primi a
distogliere lo sguardo per il dolore che ci provoca una tale tragedia?
Non ho certo la presunzione di dirvi come vi dovrete comportare con i vostri figli. Penso che la chiave
del problema stia nella vostra e nella loro sensibilità. Vi posso dire però cosa dirò ai miei bimbi, che
nonostante siano piccoli iniziano a capire tante cose e spesso però non riescono a darne un senso.
E proprio perché queste vittime, non siano morte in vano, per quelle gesta eroiche che in mezzo alla
devastazione del fuoco e nei cieli, si sono compiute, cercherò di spiegare come sia difficile vivere in
pace e serenità, quando i sentimenti predominanti siano l’odio e l’intolleranza, la prepotenza e il
predominio.
Con il linguaggio della violenza non esistono, fondamentalmente, né vincitori né vinti ma solo vittime
di una cultura fondata su basi sbagliate.
Cercherò di darne l’esempio, sforzandomi di ascoltare con attenzione le loro richieste, di essere
disponibile e aperta al dialogo, di non risolvere con uno scapaccione o un’urlaccio una situazione che
mi è scomoda.
J. Bergeret parla della violenza come di un fattore naturale presso tutti gli esseri umani, che si tratti di
adulti o di bambini. “(…) essa è una pulsione di autoconservazione. Non si è destinati ad uccidere
l’altro, non è la morte dell’altro che ci interessa, ma la nostra stessa sopravvivenza”.
“Questa stessa violenza”, sempre secondo Bergeret,” diviene aggressività e piacere nel far soffrire
l’altro, solo quando non riusciamo a integrarla dentro di noi”.
Di questa violenza naturale, continua Bergeret, “non bisogna né aver paura né rallegrarsi, non è né
buona né cattiva. L’importante è ciò che si realizza di positivo, di negativo o di inibito….Un’illusione
frequente, dal punto di vista, politico, sociale, culturale, è pensare che la violenza sia cattiva e che
bisogna reprimerla. Ciò che è importante è la prevenzione primaria; misure preventive promosse nei
confronti dei bambini, dei genitori e dei futuri genitori. E’ importante provare a preparare in modo
autentico una migliore negoziazione di queste pulsioni naturali e studiare quanto utilizzarle
positivamente, invece che ricorrere e moltiplicare le modalità repressive quando questa violenza è
oramai diventata aggressività”.
I nostri figli, sono il futuro di domani, non possiamo tenerli sotto una campana di vetro per proteggerli
dalla violenza che spesso la vita ci riserva. Aiutiamoli con intelligenza, camminiamo accanto, pronti a
dar loro una mano nel momento del bisogno. Chissà che loro, con i nostri insegnamenti, non riescano a
fare un mondo futuro migliore.
A me piace sperarlo.
1.Bergeret, la relazione violenta, Ediz.del C.e.r.p Trento 1994

Giocare a innamorarsi nella casa del grande fratello

Innamorarsi è il sentimento per eccellenza che ci fa sentire realmente vivi, riacutizza tutti i nostri
sensi, esaltandoli al massimo. E’ un momento in cui entrano in gioco un’infinità di stati d’animo e
anche in questo caso, la maturità o al contrario l’inesperienza, dettata da una personalità ancora in
via di sviluppo, ha un ruolo fondamentale nella capacità di elaborazione dei sentimenti.
Nonostante siano passati pochi giorni nella casa del G.F. iniziano a fiorire dei sentimenti che
però è difficile definire come innamoramenti semmai amicizie affettuose. Lentamente, inizia a
stabilirsi una coesione nel gruppo che, purtroppo, non sarà mai del tutto spontanea, inquinata
dall’occhio indiscreto delle telecamere e dalla consapevolezza tangibile che la linea di condotta più
normale non farà audience. E’ possibile per altro che questo “flirtare” serva a rendere il gruppo più
unito e a velocizzare il desiderio di conoscersi in modo più veloce saltando i “preamboli” ai quali
solitamente assistiamo in situazioni normali. Il tempo a loro disposizione, ha un termine scandito
dalle eliminazioni che avvengono ogni due settimane e il desiderio di conoscersi e di farsi
conoscere è portante.
I sentimenti però, sono una carta pericolosa da giocare poiché, data la loro complessità e
vasta gamma di emozioni, non sempre riusciamo a dominarli. Troppo spesso con estrema
superficialità giochiamo con loro e purtroppo troppo spesso ne rimaniamo scottati.
Certo la maturità ci porta a essere un po’ più riflessivi, meno impulsivi, a volte trinceriamo il
desiderio dietro un muro di diffidenza, di cautela e prudenza, questo perchè la vita ci ha insegnato
che ogni errore ha uno scotto che si paga sulla propria persona.
I giovani del grande fratello non danno il minimo sentore di preoccuparsi delle conseguenze,
sono freschi e pronti a nuove esperienze, senza dare importanza alle conseguenze che ne potrebbero
derivare. Si baciano, si scambiano affettuosità in modo naturale come si suol dire alla luce del sole.
Ma che tipo di sentimento stanno vivendo Tati e Lorenzo per esempio? Verrebbe da pensare a un
comportamento adolescenziale dove la componente maggiore è la spinta a conoscere e a
sperimentare ma, questo vale per entrambi?
L’amore adolescenziale è caratterizzato dal pudore, dal desiderio di agire e dall’insicurezza
di non piacere, di essere valutata e giudicata non all’altezza della situazione, di non piacere.
L’amico, l’amica sono confidenti di assoluta fiducia, detentori dei pensieri e delle fantasie più
intime dell’innamorata\o.Tutto questo non mi sembra di percepirlo nei personaggi del grande
fratello.Si scambiano confidenze che poi fanno il giro di tutta la casa, passando di bocca in bocca.
Sono tutti molto sicuri per lo meno della loro avvenenza fisica, dei loro corpi modellati dalla cura e
da un’attenzione scrupolosa, decorati, ingentiliti o altre volte sfregiati da tatuaggi, ma dietro questa
ricerca della perfezione cosa nascondono i ragazzi di oggi che tanto si rispecchiano in questi nuovi
idoli del grande fratello?

Tradire o rimanere fedeli?

Tradire o rimanere fedeli?
Iniziamo con il dare una definizione precisa dei due termini: il tradimento è sostanzialmente
il venir meno alla parola o alla fede data mentre fedeltà è il suo opposto cioè fermezza,
giuramento,lealtà.
Se questi due termini li consideriamo in relazione ad un credo religioso piuttosto che verso un
atteggiamento patriottico non abbiamo grosse difficoltà nel giudicare se una persona si è comportata
correttamente oppure è venuta meno ad una linea di comportamento ma, quando ci affacciamo al
mondo dell’affettività ecco che tutte le certezze si dissolvono come la nebbia al sole.
Perché nel campo dei sentimenti le condotte non sono mai assolute e il tema del tradimento o della
fedeltà scatena sovente un interessante argomento di discussione?
Questa volta è toccato ad un gruppo ristretto del G.F che in modo animato si è lanciato in
questo tema che nella sua complessità ha un’infinità di risvolti. Da Lalla, che sembra si sia
sintonizzata molto bene nonostante il suo recente arrivo, Eleonora che in questo caso è stata più
ascoltatrice che parte attiva, e Alessandro, è emerso che molto temuto per loro in un rapporto di
coppia è appunto il tradimento. Argomento un po’ scontato e poco interessante si dirà, visto che in
una relazione quest’aspetto è temuto dalla maggior parte delle persone.
Parlando di sé Alessandro descriveva la sua linea di corteggiamento e mi ha colpito molto
ascoltarlo:”Io di chi mi interessa vengo a sapere tutto, guardo e osservo e non mi sfugge nulla” e se
vengo a conoscenza di un tradimento nelle relazioni passate della persona che mi interessa allora
prendo le distanze “…tronco subito perché se è avvenuto una volta si può ripetere”. Questo discorso
ha trovato ampia condivisione nel gruppo.
Il voler conoscere tutto della persona che ci intriga è molto comune, vogliamo sapere tutto di lei per
sentirci più vicini per recuperare tutto quel tempo che abbiamo”perso” prima di conoscerla. Ci piace
scoprire che mondo è racchiuso dentro di lei, cercare sintonie comuni, creare, partecipando alle sue
gioie e dolori, una migliore sintonia, intesa, complicità. Ma, forse inconsciamente voler trasformare
l’altro in un “libro aperto” ci serve per poter meglio difenderci verso quegli imprevisti che sovente
si annidano dietro l’angolo nelle relazioni sentimentali.
Perché siamo in questo campo sempre troppo esposti e impreparati al dolore, troppo
vulnerabili alle frustrazioni che potrebbero derivare da ferite narcisistiche dirette alla nostra
persona. E’ difficile tollerare che vengano traditi i nostri affetti più intimi quando sono manifestati
in modo spontaneo e genuino. Ecco che, allora ci barrichiamo dietro una cortina di
controspionaggio. Sapere tutto a qualsiasi costo, ma non per il piacere di quel desiderio quasi
morboso di fusione con l’altro, bensì, per innalzare al primo sentore di pericolo, delle barriere
difensive che ci proteggano dalla sofferenza. Purtroppo però non esiste un metodo che ci tuteli dal
dolore in nessun campo tanto meno in quel mondo meraviglioso che è l’amore. Il dolore è un
aspetto del nostro vivere che dobbiamo tenere in conto, e nessuno ci può evitare di non farne la sua
conoscenza.
Ma da questo sentimento così scomodo e faticoso da tollerare possiamo ricavarne molti
insegnamenti. Se consideriamo il tradimento la fine del nostro amore è come per similitudine se ci
trovassimo a dover elaborare un lutto. Questo termine però non è da considerarsi come
l’attribuzione al senso comune della morte, bensì in termini psicanalitici, a una dimensione
estremamente vitale, quella di abbandonare un vecchio terreno per trovare gli adattamenti che ci
aiutano ad elaborare i continui passaggi e cambiamenti del vivere.
La capacità di elaborare i passaggi, di accettare il distacco da qualcosa che cambia, per trovare un
nuovo adattamento alla realtà che muta, è quindi un patrimonio essenziale al processo della vita.
Non ci può essere una vera vita mentale senza questa capacità fondamentale di accettare che
qualcosa finisca, perchè qualcosa possa nascere. Dice Racamier:”Ogni lutto è una ferita. Le ferite, si
sa, si richiudono. Ma ad una condizione: che si siano prima aperte. Nulla termina nella psiche, che
non sia incominciato”.
Avere paura dei nostri sentimenti non ci porta a nulla. Guardiamoli nella loro complessità
cercando di non farci intimorire dalla loro portata. Sapere che ci sarà anche la fine di quel momento
(e la sua inevitabile trasformazione in qualcos’altro) dispiace quando viviamo una situazione
piacevole ma, è di grandissimo aiuto quando viviamo una situazione difficile e ci aiuta sicuramente
ad attraversarla.

Sono più le cose che ci spaventano di quelle che ci minacciano effettivamente, e spesso soffriamo più per le nostre paure che per la realtà. L.A. Seneca